Realizzata, col nome di villa della Marina, nel 1861 - in occasione della sistemazione a giardinaggio della zona del mercato del pesce all'aperto (l'attuale
pescheria), che ammorbava l'aria, - in una vasta area, liberata dalle inondazioni del fiume Amenano che la tenevano melmosa. Sindaco, primo sindaco della città era il cav. Giacomo Gravina. Era un "luogo di delizie", con pini e ippocastani frondosi, ponticelli di legno, un laghetto formato da due ruscelli; lo frequentavano signore e signori, eleganti e paciosi, che vi ascoltavano i concerti della banda cittadina dopo la passeggiata della MArina. Nel secondo capitolo del romanzo Una peccatrice (1866), Giovanni Verga descrisse l'atmosfera della Marinae della sua villetta. I concerti nei giorni festivi erano due: uno a mezzogiorno, l'altro di sera; Benedetto Cristadoro, dandone notizia nelle sue cronache, precisò che quello diurno fu, in seguito, ritardato di mezz'ora su richiesta di alcune signore della buona società che volevano avere il tempo di "essere compite nella toletta". Nel 1879 i catanesi vollero onorare il cittadino Giovanni Pacini (1796 - 1867), musicista la cui fama era stata sempre oscurata da quella di Bellini; e l'amministrazione comunale deliberò di immortalarlo nel marmo; "venne dato - racconta Saverio Fiducia - l'incarico del monumento al migliore statuario dell'epoca, a Giovanni Duprè" (1817 - 1882). Il monumento fu collocato nella villetta alla Marina, che con l'occasione fu ribattezzata villa (i villetta) Pacini; ma la notte fra il 29 e il 30 gennaio 1977 uno strano ladro ne rubò la testa poi rifatta da Salvo Giordano) a bbandono a terra i restanti cocci.
Nei primi di gennaio 1880 la banda cittadina eseguiva i suoi concerti in piazza dei Martiri, anziché nella villetta Pacini, dove si stavano eseguendo lavori di abbellimento; i cittadini protestarono poiché in piazza dei Martiri tirava vento, e i concerti furono trasferiti in piazza Università; ultimati i lavori, tornarono alla villetta Pacini.
Nel 1908 furono eseguiti i lavori per la costruzione del viadotto ferroviario, che coinvolsero, in un breve tratto, anche la villetta; si discusse a lungo, anche in Consiglio comunale, se quei tozzi archi dovessero essere cancellati e trasferiti altrove; ma non se ne fece nulla, ed essi rimasero lungo la passeggiata alla Marina, imbruttendo anche la villetta.
Poi (primi decenni del Novecento) le donne disertarono quel sito ameno, cui fu data la denominazione popolaresca di vill'e varagghi: cioè "il giardino... dove sfaccendati e vecchi sbadigliavano, per fame o per noia"; vi si giocava a smarredda (filetto), con la scacchiera disegnata sui bianchi sedili e i sassolini bianchi e neri a far da pedine; vi si udivano "la malinconica voce dell'acquafriscaru, il picchiare reiterato del coltellaccio d'un venditore di tonno nella vicina pescheria, poi il trasvolare rapido di un treno sul viadotto. Con gli anni tutta la poesia d'un tempo scomparve.