Il palazzo dei Principi di Biscari, è legato al ricordo del mecenate della famiglia Ignazio e alla fama del museo che dal 1758 divenne una meta obbligata per i viaggiatori. Ignazio, uno dei più importanti rappresentanti della nobiltà isolana, diede finanche alloggio ai dotti e visitatori prestigiosi che si trovavano a passare da
Catania. La sua costruzione ebbe inizio nel 1695, il Senato aveva rilasciato la concessione di costruire sulle mura, perchè
Catania fosse abbellita da una gran prospettiva architettonica. Per questa impresa, il principe chiamò l'architetto dei Benedettini Antonino Amato, messinese, il quale disegnò la più estrosa serie di portali che la storia del barocco catanese ricordi; il principe pensò pure all'arredamento coadiuvato dal pittore catanese Vasta. Il Principe provvide con mezzi propri all'ampliamento del Palazzo, in modo tale che lo stesso prevedesse una zona museo. Di questo se ne occupò l'architetto Palazzotto, il quale cercò di dare un volto unitario al progetto che doveva inglobare i portali già esistenti e le strutture del primo settecento. Il museo fu completato nel 1757 e le raccolte si accrebbero con tale ritmo che divenne più ricco di quello dei Benedettini. Il tempo scalfì non poco gli appartamenti nobili superiori, quindi morto il Palazzotto la ristrutturazione venne affidata a Francesco Battaglia, che modificò non poco le vecchie strutture e arredò gli interni con colonne, mensole e vari ornamenti di stile classicheggiante. D'altro canto il principe, durante i suoi viaggi, aveva potuto ammirare l'eleganza dello stile moderno che prediligeva ambienti raccolti e intimi. Nell'appartamento del principe per l'arredo si fece ricorso ai "Boiseries", intarsi e mobilio giunto appositamente dall'Inghilterra, le pareti vennero affrescate da Luigi Mayer. Porcellane orientali e francesi allietavano la stanza detta di "Don Chisciotte". Il Battaglia elaborò pure i disegni per il grande salone, dove si può ammirare l'alcova nobile e al centro il lucernario, ove si possono intravedere l'orchestra e il cupolino. Successivamente furono sistemati il giardinetto e il "quarto di villeggiatura" posto a Nord della terrazza, luogo riservato per assaporare i piaceri della conversazione e godere delle frescure estive. Nell'anno del terremoto di
Messina i lavori volgevano al termine; tre anni dopo moriva il mecenate Ignazio e il figlio Vincenzo ereditava, oltre alle numerose ricchezze, anche una mole rilevante di debiti.