Si data la fondazione del complesso sacro al 1092 d.C. attraverso un diploma del Conte Ruggero rilasciato all’abate Gerasimo. Il documento è la principale fonte storica per la ricostruzione di questa porzione di territorio peloritano nei secoli XI/XII. Ruggero I infatti concede al monastero vasti possedimenti, che comprendono anche i casali di Alì, Gitala (Itala), Fiumedinisi, sui quali l’egumeno possiede il diritto di giurisdizione civile. Nel 1131 l’intero complesso risulta sottoposto all’archimandritato del S. Salvatore di Messina; due anni dopo al monastero di Itala si garantisce l’autocefalia, nonostante dipenda sempre dall’archimandritato di Messina. Nei primi decenni del XIV sec. il SS. Pietro e Paolo di Itala ospita circa 10 monaci e nel 1398 l’abate diventa commendatario e in breve tempo ottiene il diritto di voto presso il parlamento siciliano. Si apprende che nel 1528 è abate un certo Antonio Peronotto, cardinale di Granvelle, ministro di Filippo II.Dell’abbazia ai giorni nostri rimane solo la chiesa, sopravvissuta ad un tentativo di insensata demolizione attuato nel 1930 (all’epoca si conoscevano dell’edificio solo le superfetazioni seicentesche), trasformatosi in breve tempo in un tentativo di restauro, giudicato da illustri studiosi come decisamente maldestro. A causa di questi interventi oggi risultano perdute soprattutto le originali 6 colonne che dividevano in tre navata la chiesa (oggi vi sono copie in cemento armato rivestito) e tutta la parte superiore della chiesa, insieme con la copertura e l’intera cupola, inspiegabilmente sostituita. Originali rimangono l’impianto basilicale dell’edificio, l’assetto strutturale e la decorazione delle fiancate. In realtà, sebbene la lettura sia irrimediabilmente compromessa dal restauro, è il transetto uno degli elementi architettonici più interessanti della costruzione: su di esso infatti si impianta una cupola, di chiara origine islamica, che poggia su ben due tamburi quadrati sovrapposti. Le due fiancate della chiesa sono riccamente decorate con un motivo ad incrocio di archi a tutto sesto che formano archi a sesto acuto con trilobo. Il tutto sorretto da lesene e magnificato da una tecnica edilizia a laterizio intervallato regolarmente da pietre lavorate bianche e nere. Il prospetto principale è meno elaborato e più sobrio, privo com’è del motivo ad archi intrecciati. Desta comunque stupore il possente architrave in pietra lavica che sorregge la volta ad ogiva dell’ingresso. Infine le tre absidi si presentano semicircolari all’esterno e arricchite nella decorazione da lunghe lesene formate da laterizi rossi alternati da conci calcarei e in pietra lavica, sorreggenti il comune motivo ad archi intrecciati.