Nella via omonima è la chiesa di San Cataldo, edificata nel '300 e più volte rimaneggiata; al cui interno vi è un crocifisso ligneo ritenuto miracoloso.
E’ una delle chiese più antiche di Erice. Dai cronisti sappiamo che fu la prima chiesa parrocchiale, sino alla costruzione, dal 1312 in poi, della Matrice, e che al suo interno si tenevano, come a San Giuliano, le assemblee cittadine. E’ documentata come aperta al culto certamente già nel 1339 ed è ancora la seconda sede parrocchiale di Erice.
Il santo titolare, San Cataldo vescovo vissuto nel VII secolo in Irlanda, era venerato dai Normanni; il suo culto giunse, perciò, probabilmente per loro mezzo.
Originariamente l’edificio, piccolo e in stile gotico, a 3 navate, aveva la pianta orientata diversamente; infatti l’ingresso principale era quello che all’esterno presenta le insegne vescovili del Santo e che oggi è l’entrata laterale. Tracce della primitiva costruzione sono emerse alcuni decenni fa e sono visibili nell’angolo a destra del portone principale dove si trova anche una delle più antiche acquasantiere marmoree ericine; questa è del XV secolo.
La Chiesa fu riedificata dal 1740 a navata unica e con le attuali cappelle laterali. Fu poi ancora arricchita di arredi sino all’inizio del secolo scorso.
Salendo i gradini ampi e quasi a ventaglio che poggiano su viale Nunzio Nasi per entrare dal semplice portale, notiamo delle lapidi sepolcrali riutilizzate e che forse provengono dal pavimento interno della chiesa rifatto più di mezzo secolo fa e dal quale furono tolte, così come, del resto, era avvenuto nella seconda metà dell’ottocento nella navata centrale della chiesa Madre.
Entrando, l’attenzione viene subito focalizzata dall’ampio cappellone con gli originali scranni lignei; in fondo è l’altare sul quale campeggia la statua in stucco della Madonna della Stella realizzata nel 1599 da Orazio Ferraro, pittore e stuccatore della città di Giuliana appartenente alla famiglia di artisti le cui opere possiamo ancora ammirare in molti centri della Sicilia occidentale come ad esempio a Castelvetrano e a Caltabellotta.
Nella parete destra la prima cappella è dedicata a S. Carlo Borromeo e infatti il quadro che la sovrasta è “La messa di San Carlo Borromeo” realizzato da Pietro D’Andrea Poma un artista del XVIII secolo e del quale abbiamo opere sia a San Carlo che a San Martino; la seconda è dedicata alla Sacra Famiglia con un gruppo di statue di recente fattura che hanno sostituito quelle del 1786 in legno, tela e colla che purtroppo sono sì conservate, ma in pessime condizioni e che si inquadrano nella tradizione artistica trapanese dell’uso della stoffa irrigidita dalla colla per una resa più realistica dei panneggi delle vesti o dei mantelli che ricoprono le statue e il cui esempio migliore abbiamo ad Erice nei Misteri che ancora oggi escono in processione il Venerdì Santo. Sul lato sinistro la prima cappella è dedicata a S. Stefano protomartire con un quadro del 1667 di Andrea Carreca o Carrera, il principale artista trapanese del XVII sec. che visse per alcuni anni ad Erice dove prese moglie.
Nella seconda cappella, la più grande, e attraverso la quale si accede nei locali annessi alla chiesa, è posta la statua lignea di Gesù Crocifisso risalente al XVI secolo ritenuta miracolosa e oggetto, in passato, di grande devozione popolare tant’è che veniva portata anche in processione specialmente in momenti particolarmente tragici per la popolazione come la siccità, epidemie pestilenziali o terremoti. Nei registri della chiesa è annotato un evento risalente ad almeno 400 anni fa: un gruppo di uomini stava per staccare il crocifisso per consentire dei lavori nella cappella; in quel momento, dinanzi a tutte quelle persone, oltre una decina, la statua spalancò gli occhi.
La macchinetta lignea di questo altare e di quello del cappellone furono disegnate nell’ottocento dal sacerdote ericino don Carmelo Peraino che pur insegnando Arte a Palermo mantenne sempre stretti i contatti con la madrepatria, mentre a realizzare materialmente il manufatto furono gli artigiani locali Loretta e Amico; il cancello di ferro che chiude la cappella è invece opera del 1817 del fabbro Carlo Cetino.
E giungiamo alla terza cappella, dedicata al titolare della chiesa, San Cataldo. Fu decorata da stucchi nel 1781 dal trapanese Federico Siracusa. Un tempo, dicono i cronisti, si onorava il santo il 10 maggio in modo particolarmente solenne ed in quell’occasione assistevano alle varie funzioni religiose pellegrini provenienti anche dalle città vicine. San Cataldo all’inizio del 1700 fu proclamato “patrono meno principale di Monte San Giuliano”. ( La patrona principalissima è Maria Santissima Assunta sotto il titolo di Custonaci, mentre sono copatroni S. Alberto e S. Giuliano).
Il pulpito fu realizzato nel 1810 da Salvatore Loretta mentre la scala per accedervi, scavata in un pilastro, fu voluta dal parroco Bernardi.
Degna di nota è la lapide murata accanto alla cappella del Crocifisso che ricorda il parroco Pagoto, il quale nel secolo scorso non esitò a disfarsi di proprietà terriere personali per restaurare, con il denaro ricavato, il tetto della chiesa miseramente crollato. Si tratta dello stesso parroco che lasciò in dono alla parrocchia la teca con il Bambino Gesù itinerante che, conservato per decenni in sacrestia, è attualmente esposto nella Chiesa di S. Giuliano.
Per quanto riguarda gli arredi, occorre doverosamente ricordare la tesi di laurea recentemente redatta da una studentessa la quale, con la guida di Maurizio Vitella, ha studiato e catalogato il ricco patrimonio della chiesa consistente in decine di parati che si possono datare dal XVI secolo sino a quello appena trascorso. La signora non ha però analizzato il gruppo dei paramenti (pianete, dalmatiche, veli omerali, stole, manipoli etc.) ricamati con sottili fili di seta, d’oro e d’argento, tra i più belli delle nostre chiese, e di cui ancora oggi gli ericini possono godere in occasione delle liturgie più solenni dell’anno liturgico.