I frati Cappuccini avevano edificato il primo loro Convento a valle, lungo le rive del torrente San Leonardo ; nel 1607, passata di loro proprietà la Chiesa di Sant'Agata, costruirono un nuovo Convento attiguo alla stessa.
La parte riservata alla Chiesa non è forse la stessa della Chiesa di Sant'Agata perchè forse quest'ultima era situata sulla sinistra dell'attuale ingresso dove trovasi un piccolo locale, collegato attraverso una stretta apertura, a fianco del primo altare di sinistra : in questo locale, che poco aveva di sacro se non qualche traccia di stucchi e di un altare, si pensa che era tutta o in parte la vecchia chiesa di Sant'Agata. Il terremoto non danneggiò molto la chiesa dei Cappuccini.
Non è molto grande con cinque altari e un prospetto assai semplice che offre alla vista un portale, una finestra e un frontone triangolare sovrastato da una croce ; sulla destra un modesto campanile. Attaccato alla Chiesa il complesso architettonico del Convento, pur esso semplice ma situato in posizione pittoresca e gradevole, sullo sperone di roccia che si affaccia sulla vallata.
Fin dai secoli passati, dopo l'incameramento dei beni ecclesiastici, la Chiesa subì alterne vicende dal momento che era stata messa in vendita e solo grazie alla partecipazione e all'interessamento del Canonico Tumino e del padre Cappuccino Luigi da Melilli fu riacquistata e riaperta al pubblico ; in questa occasione la Chiesa perdeva le opere d'arte più pregevoli, di cui si dirà appresso : si deve all'operato del sindaco del tempo, Barone La Rocca se fu istituita nei locali della Casa Comunale, allocata nell'ex monastero di San Giuseppe, una Pinacoteca comunale dove vennero trattenuti ed esposti i quadri che altrimenti sarebbero passati al pubblico demanio.Si poterono conservare anche i preziosi libri, del 500 e del 600, che erano pervenuti al Convento su donazione dell'Abate De Gaspano. Nel corso degli anni, a seguito di ennesime confische dei beni del Clero, il convento passava di mano, fortunatamente ad un altro padre cappuccino, Eugenio da Sortino, che lo destinava ancora allo scopo per cui era stato edificato. Oggi il Convento non ospita più i Frati Cappuccini ed è sede del Museo Diocesano e di un laboratorio di restauro. Analogamente è stata salvata la biblioteca.All'interno il tempio, ad una sola navata, presenta un altare centrale e quattro laterali, un pulpito e una tribunetta per il coro, sopra l'atrio, tutti in legno ; sulla parte destra, nel primo altare una statua raffigurante S. Antonio di Padova, nel secondo altare un quadro di San Francesco in preghiera alla Porziuncola, a sinistra un Crocefisso antico e nel secondo altare una statuetta della Madonna delle Grazie. Nell'altare maggiore il capolavoro che ha fatto di questa Chiesa, semplice e modesta, una delle più importanti della Sicilia : una pregevolissima pala d'altare di Pietro Novelli, detto il Monrealese, insigne artista che trovandosi a Ragusa dipinse per i Frati Cappuccini questa splendida opera d'arte che si compone di tre dipinti, uno più grande al centro e due laterali. L'opera fu commissionata al Novelli tra il 1640 e il 1643 in occasione di una sua visita al seguito del vice re, Alfonso Enriquez ; dicerie popolari vogliono invece che il Novelli si rifugiò presso i monaci per sfuggire alle ire di un parente del re e che, per disobbligarsi, dipinse il capolavoro donandolo ai Cappuccini.
Trittico del NovelliIl trittico, incorniciato da una altrettanto pregevole cornice in legno intarsiato e scolpito, raffigura al centro l'Assunta circondata da Angeli e Cherubini che sale al Cielo in mezzo ad una nuvola bianca sotto lo sguardo degli Apostoli (tra questi, l'ultima figura sulla sinistra, con i baffi, rivolta verso chi guarda il quadro, è l'autoritratto dell'autore). Nel quadro laterale destro si può ammirare il martirio di Santa Barbara, nel quadro a sinistra San Pietro che riattacca a Sant'Agata il seno staccatole da un soldato romano.
Sotto i quadri laterali due dipinti raffiguranti Sant'Antonio e San Francesco. Nella chiesa viene conservata un'altra pregevolissima opera del 1520, la Natività, di autore ignoto. Anche questo quadro era andato a finire alla pinacoteca comunale insieme al Trittico, ma fu riportato, opportunamente, nella Chiesa a seguito della chiusura della Casa Comunale, avvenuta nel 1926 in occasione dell'unificazione dei due Comuni avvenuta quando Ragusa fu innalzata a capoluogo di provincia.