Pantalica, preziosa gemma incastonata nei monti Iblei, fu uno dei primi centri abitati della Sicilia Orientale, sede, dal 1250 al 700 a.C., di un prospero, sebbene non numeroso popolo, organizzato molto probabilmente secondo una struttura politica retta da un monarca. L'attuale nome di Pantalica deriva quasi sicuramente dall'arabo Buntarigah, che significa grotte.
Nel 1500 Tommaso Fazello identificò Pantalica con la mitica Erbesso ed alcuni studiosi ancora oggi credono di riconoscere nell'antico nucleo l'Hybla dei siculi.Tuttavia le origini di Pantalica, al di là di - sebbene fondate - supposizioni, rimangono avvolte in un fitto velo di mistero.
La conquista dei greci, infatti, distrusse quella società complessa, inglobando e mutando gli usi e le tradizioni dei siculi che la formavano. Le circa cinquemila tombe, immensa necropoli della civiltà preistorica, sono la testimonianza di un popolo la cui esistenza per alcuni versi possiamo solo immaginare. Fu l'archeologo Paolo Orsi a condurre, tra la fine del secolo scorso e gli inizi del '900, le campagne di scavi nella necropoli e i suoi studi furono continuati ed ampliati, più di cinquant'anni dopo, da un altro archeologo, L. Bernabò Brea, che si impegnò alacremente per svelare i segreti di Pantalica. In seguito alla persecuzione romana, alcuni gruppi di cristiani si stanziarono nella zona. Fra essi fu S. Sofia che, prima di subire il martirio, convertì al Cristianesimo i pantalicoti: nel 1538 fu proclamata da Paolo III patrona del paese di Sortino. Nella zona sono presenti anche importanti tracce della dominazione bizantina che a Pantalica si insediò con una legione militare. Con la fine della dominazione araba terminò l'insediamento umano in questi luoghi.
Sita in prossimità del paese di Sortino e raggiungibile anche da Ferla, da un punto di vista turistico Pantalica dovrebbe porsi in un insieme di prototipi ideali aventi in comune la caratteristica di essere nello stesso tempo semplici, in quanto esempi di povera architettura funeraria rupestre, eppure altamente spirituali, in quanto forme dinamicamente attive.
Inoltre il teatro naturale in cui la necropoli si innesta, accentua notevolmente la suggestione e l'impressione del visitatore. Pantalica infatti si inserisce in uno scenario di circa ottanta ettari delimitato da due grandi cave, lungo le quali scorrono rispettivamente, a nord il fiume Calcinara (o Bottiglieria) ed a sud il fiume Anapo: i due fiumi, confluendo, danno origine ad est ad un unico corso d'acqua.
Dai versanti considerati risulta però particolarmente difficile raggiungere la necropoli: è infatti dal versante occidentale che agevolmente, attraverso uno stretto passaggio naturale, è possibile accedervi.
L'asperità del territorio non deve però ingannare il turista, poichè la sommità del massiccio di Pantalica presenta una fisionomia tutt'altro che frastagliata. Tale pianoro, la cui massima altezza è di 424 metri, lungo circa 1200 e largo 600, quasi al centro, in una posizione simbolicamente e logicamente privilegiata, accoglie il celebre Anaktoron o palazzo del Principe. E' tuttavia presumibile che la vita di Pantalica si svolgesse prevalentemente lungo i fianchi del massiccio, laddove è possibile scorgere le testimonianze dell'insediamento umano nei secoli: dai villaggi bizantini ai reperti risalenti ad un'epoca ancora più ntica, che nella tomba a grotticella trova l'esemplare più rappresentativo.