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  Ribera - Chiesa Madre
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Ribera - Chiesa Madre

Si iniziò a costruire il 21 marzo 1751 e fu completata nel 1760, è a tre navate in stile rococò[8]. Danneggiata dal terremoto del 1968 è rimasta chiusa fino a che i lavori di restauro ne hanno permesso la riapertura nel 1999.

Dopo la prima chiesa madre, costruita a Ribera nel 1637, a causa dell'incremento demografico, ne sorse una seconda nel 1670 e nel 1751, sempre per lo stesso motivo, se ne costruì una terza molto più grande della precedente e con tre navate: ossia l'attuale che si trova in piazza Giovanni XXIII. Di tale tempio ne parla per la prima volta il poeta riberese Vincenzo Navarro nel libro "Intorno a Ribera. Parole" del 1856, ne riporta delle notizie molto brevi e vaghe, tramandate probabilmente per via orale. Infatti, dallo studio dei documenti dell'epoca di cui siamo venuti in possesso, alcune di queste informazioni risultano inesatte. Egli riferisce tra l'altro:

«A tal seconda matrice la nuova che esiste succedea per impulso e cooperazione del Canonico Paolo Bartolotta Corleonese, che per cinque quaresime consecutive della sua evangelica parola al lavoro il popolo infervorava col filantropico arciprete Stefano Bona che quasi tutto il suo vi spendea. Al 21 di marzo 1751 sotto gli auspici di monsignor Lorenzo Gioeni, vescovo di Girgenti, la prima pietra fondamentale di essa con molto oro, argento e gemme preziose si gettava tra le acclamazioni di un popolo per religiosa gioia ebbrifestante.»

«Anco le pie baronesse di Campello e di Belici, e le signore di casa Navarro e Pasciuta ed altre con beli 'esempio attingeano e recavano acqua e pietra al lavoro, ed il Bona a sue spese di un bell'organo l'adornava, e la cappella di S. Gioacchino con sua gentilizia sepoltura vi costruiva.»

«E le altre cappelle a spese anco de singoli particolari si fabbricavano. Il pavimento col danaro del sacerdote Gaspare Cambisano tutto quanto si compiva. Ed il Viceré Viefuille per Ribera que' di transitando, di onze sessanta la regalava. Perloché di ordine di monsignore Andrea Lucchesi Palli nel succennato anno 1760 magnifica e compiuta, si com'è presente, si vedea.»

«Essa ha tre navi; ed è sì bella grande che se più lunga di un'altra cappella tratta innanti ella fosse, e se una cupola a mezzo del T si avesse, potrebbe assai bene coi primi templi di Sicilia gareggiare. E ben puossi apportare a ciò facilissimo riparo, ove il rozzo ed imperfetto muro del suo prospetto poco ben costrutto, si demolisca e più innanti, un bel prospetto architettonico si fabbrichi, di quel tempio ad ornamento».

Anche l'Inglese, nella sua "Storia di Ribera", aggiunge, a quanto detto dal Navarro, che il Duca di Bivona concesse il terreno occorrente per la chiesa e, quello antistante, per uso cimitero; che l'altare maggiore venne ornato con un dipinto ad olio su tela, magistralmente eseguito, con linee morbide, raffigurante la Madonna del Rosario, dal Provenzani; che detta opera è giudicata una grande composizione, specialmente per le caratteristiche di chiaro-scuro e per il trattamento dei capelli, che ci ricorda il Correggio; che un altro dipinto venne collocato sull'altare destro della navata laterale, raffigurante S. Anna e S. Gioacchino, di autore ignoto, ed un affresco venne realizzato sull'altare opposto, raffigurante lo sfondo panoramico al Crocifisso.

Vincenzo Cardillo, invece, nel suo opuscolo "La Chiesa Madre di Ribera", per quanto concerne la costruzione, non aggiunge praticamente nulla a quanto detto dai due autori precedentemente citati, mentre ci da molte notizie sugli ultimi lavori effettuati, in quest'ultimo secolo, sul campanile e sul prospetto.


I lavori nel XX secolo



In una delibera dell'Archivio Parrocchiale del 26 agosto 1874 della "Deputazione incaricata all'impiego delle somme della questua del frumento ed orzo per fornire la chiesa madre del pavimento di marmo" si dice che la somma di onze 60, che si trovava presso il cassiere della Deputazione, il Dottor don Carmelo Parlapiano, non essendo sufficiente per tale scopo (occorrevano onze 800), e vista "la sterilità" della terra in quel periodo, veniva stornata per fare una cappella di colore bianco con ricami in oro per onze 40 e un'altra di color violaceo per onze 20, secondo il preventivo dell'artigiano saccense don Raffaele Gismondo. Il documento è firmato dall'arciprete Vaccaro, dal Vicario foraneo sacerdote Liborio Puccio, da Filippo Colletti e da Michele Pasciuta.
Trent'anni dopo lo stesso Cav. don Carmelo Parlapiano fornì la chiesa madre del tanto desiderato pavimento di marmo ed i fedeli, con una lapide posta internamente sul lato destro, ringraziarono il donatore. Come accennato all'inizio del capitolo, il primo stimolo pef la costruzione della facciata venne certamente dal Navarro, ma forse i tempi non erano ancora maturi. Abbiamo rinvenuto, nel­l'Archivio Parrocchiale, un doppio foglio formato protocollo senza righe e con la sola prima facciata scritta. Il documento non porta alcuna data: comunque dal tipo di carta, possiamo supporre che sia della fine dell'800. L'importanza del foglio consiste nel fatto che esso risulta essere il preventivo, tra l'altro non firmato, stilato da un perito per tutta la quantità di pietra occorrente per il prospetto ed il campanile di cui, si dice nel documento, esisteva il progetto. Secondo l'anonimo tecnico incaricato, bisognavano 22.060 palmi cubi di pietra d'intaglio per un totale di onze 436,2. A conferma di ciò, abbiamo notizia che, nell'ultimo periodo dell'arcipretura del Vaccaro, si era sul punto di iniziare i lavori. Il Cav. Carmelo Parlapiano aveva infatti promesso il suo contributo con quello di altri cittadini; mentre il Comune, con delibera del 30 dicembre 1902, assumeva l'impegno di concorrere alla spesa. Ma tutto finì nel nulla e restarono solo i grossi conci accumulati nella piazza.

Il crollo della volta



Dopo 218 anni, 9 mesi e 28 giorni dall'inizio della costruzione e 209 anni, 8 mesi e 23 giorni dall'inaugurazione, la terza chiesa madre di Ribera crollò, non solo a causa del terremoto come molti pensano, ma soprattutto per mancanza di una adeguata cura nella manutenzione dell'edificio.

Riportiamo qui la cronaca di quei giorni tratta dal citato opuscolo di Vincenzo Cardillo, da pagina 19 a pagina 24, in cui l'autore

esorta il popolo e le amministrazioni ad intervenire per un immediato restauro:

«Ma una notte, la triste e lunga notte del 14-15 gennaio 1968, mentre la terra tremava fortemente nella valle del Belice, ormai tristemente famosa, Ribera tutta sinistramente sussultò sotto la spinta sismica di una forza fino allora mai sperimentata, tra i fragorosi e agghiaccianti boati.



«La Chiesa Madre anch'essa tremò e sussultò, subendo, forse, i maggiori danni, quasi per salvare, come una buona madre, tutto il paese, tutti i suoi figli ignari e immersi in un sonno profondo. Dopo pochi giorni, ecco in pieno giorno, verso le ore 11 del 25 gennaio,

un'altra scossa violentissima fece ancor più fortemente tremare ogni cosa, sconvolgendo tutto il paese, in preda a un panico terribile,

che si tramutò in un pericoloso fuggì fuggì generale in cerca di salvezza.



«La Chiesa Madre subì ulteriori danni, rimanendo, però, impavida, all'impiedi, quasi per poter meglio vegliare e custodire il paese,

vuoto e privo di vita. I Riberesi, cessato il pericolo, ritornarono, aprendo le loro case, ma la grande porta centrale della Chiesa Madre

d'allora più non si riaprì.



«Solamente, dopo oltre un anno, quasi timidamente, fu aperta una porta laterale, consentendo il ripristino di tutte le sacre funzioni, in parte interrotte nell'immediato periodo dopo il terremoto, allorché le Messe venivano celebrate nell'oratorio

delle Suore Francescane prima e in quello del "Bambino" dopo.



«Intanto, proprio durante le feste natalizie, precisamente il 29 dicembre 1969 alle ore 11,45 le continue

ed insistenti piogge determinarono la caduta della volta centrale e di quella laterale del «cornu epistolae».
 
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