Il complesso denominato Ducea Nelson, si trova a circa 13 chilometri da Bronte, ubicato su un terreno pianeggiante di fondo valle sulla riva sinistra del torrente Saraceno.
Comprende l'ala gentilizia, un tempo residenza dei Nelson (impropriamente detta il Castello) oggi trasformata in Museo, i resti dell’antica abbazia benedettina dedicata a Maria Santissima, fatta costruire da Guglielmo II° il Buono, la chiesetta di Santa Maria di Maniace ed un grande lussureggiante parco.
Sorse intorno al 1173, probabilmente sulle rovine di una preesistente costruzione basiliana, per volontà della Regina Margherita, per durevole memoria della battaglia vinta da Giorgio Maniace contro i Saraceni.
Come si usava all’epoca, il monastero venne dotato di castello o torre difensiva.
Guglielmo di Blois fu il primo abate del monastero.
L’abbazia, in virtù dei privilegi concessi, aveva rendite ragguardevoli e, come tutti i feudi, contribuiva alle spese della Regia Curia.
Nei secoli successivi alla fondazione conobbe però periodi difficili: venne ridotta in uno stato miserevole dai "commedatari" (l’ultimo abate "commendatario" fu il cardinale Rodrigo Borgia, il futuro papa Alessandro VI, "di nefanda ed infausta memoria"), ne furono dilapidati i patrimoni e lo stato malsano dei luoghi accelerò notevolmente lo spopolamento delle campagne circostanti.
Alla fine del XV secolo l’abbazia, con i suoi vasti terreni, divenne proprietà dell'Ospedale Grande e Nuovo di Palermo, fino al 1799 quando da Ferdinando III fu donata all’Ammiraglio Horatio Nelson in premio della soffocata repubblica partenopea.
Il terremoto che l’11 Gennaio 1693 colpì la Sicilia Orientale, abbatté anche molte parti del monastero.
Il sisma colpì specialmente le strutture poste ad oriente e fece rovinare la grande torre di difesa adiacente l’abside della chiesa, abbattendo altre parti già fatiscenti.
I padri basiliani, che in quel periodo reggevano il monastero, furono costretti ad abbandonarlo ed a trasferirsi a Bronte (ospitati nella chiesa di San Blandano, con la facoltà di fabbricarvi intorno anche un piccolo monastero).
Nei nuovi locali i monaci benedettini trasportarono i loro oggetti di culto, le loro reliquie e continuarono a chiamarsi di "Santa Maria di Maniace" (l’ultimo loro abate fu fra Giacomo Cimbali nel 1900-1904).
Oggi dell’antico insediamento benedettino rimangono il Castello Nelson (con il relativo Museo, il giardino e il Parco), i resti della vecchia abbazia e la Chiesa di Santa Maria di Maniace.
Il complesso edilizio è diventato proprietà del Comune di Bronte dal 4 Settembre 1981; è stato recentemente ristrutturato ed una parte adibita a museo (gli appartamenti del Duca) e come centro di studi e di congressi (gli antichi granai).
Lo schema planimetrico attuale è il risultato finale dell’opera di insediamento permanente dei Nelson, succedutesi dal 1799 al 1981.
La ristrutturazione, la trasformazione e l'ampliamento dell’antica abbazia in una sontuosa residenza signorile fu iniziata già da Horatio Nelson, (ne affidò l'incarico al suo primo amministratore, il giardiniere Andrea Graefer) che però non ebbe il tempo nè la fortuna di mettere piedi nei possedimenti siciliani e di abitare a Bronte.
I suoi eredi, invece, ed i loro vari amministratori, abitavano stabilmente fino a pochi decenni fà gli appartamenti ora trasformati in Museo (la prima fu Charlotte Nelson-Bridport, figlia del rev. William fratello dell'Ammiraglio, sposata a Samuel Hood, visconte di Bridport).
Il complesso della Ducea è articolato su pianta anulare a perimetro quadrangolare con edifici con una e due elevazioni, allineati lungo i fronti perimetrali, che si affacciano sulla campagna, sul lussureggiante parco e sui due cortili interni a pianta rettangolare.
L’insieme nella sua semplicità ha un aspetto maestoso.
Per due cancellate si accede al porticato d’ingresso e quindi ad un primo cortile dove è ubicata la croce in pietra lavica eretta in memoria di Orazio Nelson.
Lateralmente, a destra, si accede alla interessante chiesa tardo-normanna di Santa Maria ed al cortile quadrato con pozzo in pietra lavica, intorno al quale originariamente erano raccolti i piccoli laboratori, i magazzini, le stalle, il granaio.
Sulla sinistra, al piano sopraelevato, erano gli appartamenti signorili dei Nelson, ora adibiti a museo.
All’esterno del complesso sono visibili i resti di due torrette facenti parte del sistema difensivo dell’abbazia.
Un grande parco, che si estende all'interno e all'esterno per circa quattro ettari, arricchisce il Castello.
Con accesso dal primo cortile è possibile visitare il giardino inglese, voluto dai Nelson.
Si estende per circa cinquemila metri quadrati ed è caratterizzato dalla presenza di secolari piante nostrane ed esotiche (cipressi, palme, salici, frassini, ippocastani, magnolie), da un verde prato inglese contornato da glicini, rose e fiori e piante varie.
I giardini sono stati ricreati con molta cura, con un formale labirinto e una vecchissima, enorme magnolia che è certamente l’orgoglio del luogo.
All'esterno, di fronte all’ingresso della Ducea, si estende un lussureggiante parco, diviso da un viale centrale che, in mezzo ai maestosi platani e agli eucaliptos, ospita un museo all’aperto di sculture in pietra lavica con opere di artisti di fama mondiale.
Il parco-museo è aperto al pubblico ed è meta interessata di visite da parte di studiosi, scolaresche, operatori culturali e turisti.
Nel parco si vedono ancora i resti del borgo contadino, denominato "Borgo Caracciolo" costruito dal 1941 al 1944 dallo stato italiano (la Ducea era stata sequestrata) e successivamente demolito nel 1964 dalle ruspe degli eredi Nelson.
Vicino al castello fu costruito nel 1898 un piccolo cimitero inglese, riservato alla famiglia Nelson ed ai suoi amministratori. Rappresenta l'unica proprietà che gli eredi dei Nelson continuano a possedere a Bronte ed attualmente gli eredi Nelson lo hanno dato in concessione al Comune di Maniace che ha chiesto di poter gestire il cimitero ai fini turistici e culturali.Vi è sepolto il poeta scozzese William Sharp (m. 1905). La scritta sull'ingresso del cimitero recita "Nobisque vobisque pax".