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  Bagheria - Villa Valguarnera
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Bagheria - Villa Valguarnera

Villa Valguarnera era la reggia fra le case principesche della verde vallata scriveva il medico e studioso di tradizioni siciliane Giuseppe Pitrè. La villa è infatti, in assoluto la più imponente e lussuosa delle ville bagheresi. Nel 1708, nella tenuta di Valguarnera esisteva già una casina di villeggiatura di stile barocco. Il terreno ove sorge la villa che ancora oggi si può ammirare invece, venne concesso dalla famiglia Joppolo tra il 1712 ed il 1713 e la costruzione del palazzo fu voluto verso il 1714 dalla principessa Marianna del Bosco Gravina, sposata a prime nozze con il principe Emanuele Valguarnera ed in seconde con Giuseppe del Bosco, principe di Cattolica.
Gli architetti furono il frate domenicano Tommaso Maria Napoli, coadiuvatore del Senato di Palermo (a lui venne commissionata anche la progettazione di Villa Palagonia), Gascione Vanarini, Giovan Battista e Vincenzo Fiorelli.
Morta la principessa nel 1733, la costruzione del palazzo venne continuata dal figlio Francesco Saverio principe di Valguarnera e poi dalla nipote Marianna, che la completò nel 1783.
Dacia Maraini, nota scrittrice di fama internazionale e discendente della famiglia Alliata, proprietari della villa, nel suo libro Bagheria così la descrive : ...siamo saliti a piedi su per il viale che porta alla villa, lasciando la macchina fuori dal cancello. Il viale è in salita, prima procede dritto e poi improvvisamente fa una curva, passa sotto una terrazza sostenuta da alte arcate e riprende tra due file di tamerici, in mezzo a cui si alza qualche alberello del cosiddetto scopazzo. (...) Ed ecco che, dopo avere camminato per un altro centinaio di metri, alzando gli occhi ci si trova davanti la villa Valguarnera in tutta la sua bellezza. Un corpo centrale a due piani, con un seguito di finestre, vere e finte, che scorrono seguendo un ritmo giocoso e severo. Dal corpo centrale partono due ali piegate in modo da formare un semicerchio perfetto. Una volta le ali erano fatte di archi che si susseguivano con un ritmo spericolato, lievissimo. Questo ai tempi di Marianna Valguarnera che trasformò la casina di caccia del padre in una villa. E parlo dei primi del '700. Poi gli archi sono stati murati per farne delle stalle, dei pollai ed in seguito degli appartamenti e dei garage. Al centro del corpo centrale un viluppo di scale, che si protendono ad arco, salgono verso il primo piano con una voluta elegante, dando leggerezza e plasticità all'intera facciata. Le due ali laterali stringono in un abbraccio gentile un cortile che, nella sua perfetta simmetria, suggerisce l'idea di una sala da concerto. Le sproporzioni sono di una armonia studiata e felice, rivelano quel gusto del teatro e della geometria che era tipico del secolo dei lumi.(...) Molte delle finestre che danno sulle due ali sono finte dipinte sulla parete, con le loro ante, i loro vetri semiaperti, le loro figure in contemplazione, secondo l'uso barocco del trompe-l'oeil, il quale non è altro che piacere della rappresentazione (...) Lungo i bordi del tetto di villa Valguarnera si alzano delle statue che sfidano con i loro gesti graziosi e teatrali il ciel sempre lucido e setoso di Bagheria. Dei putti armati di frecce, delle Veneri più grandi di una persona, dei Nettuni, dei Centauri che visti dal cortile, assumono l'aria di immobili e incombenti divinità protettive.
La Villa dunque, è situata in mezzo a un parco recintato da terrazze e balaustre, preceduto da un ampio piazzale a doppia esedra e da una stupenda facciata che si concava nel mezzo per accogliere la scala a tenaglia. La facciata posteriore che porta verso il mare si presenta invece rettilinea. La corte antistante al palazzo di stile corinzio è circondata da casette terrane e su tutta l'area di esse ci sono due lunghe terrazze su di un portico sostenuto da 36 colonne. Al piano superiore dell'edificio si perviene attraverso un monumentale scalone esterno a doppia rampa sul quale sono sistemate le statue delle quattro Muse.
Sopra il balcone centrale un medaglione di marmo raffigura il principe don Emanuele di Valguarnera, generale delle truppe piemontesi. Un altro medaglione sul lato opposto raffigura la principessa Marianna. Bellissimi sono i vari puttini di stucco del Marabitti che con lo stemma della famiglia ornano l'attico.
Alla villa si accede dallo scalone, variamente mosso e dinamico, tramite una veranda che immette nel grande salone da ballo. Questo ha due ampie esedre semicircolari nei lati lunghi del rettangolo che rendono movimentato lo spazio, lo ampiano e ne aumentano l'eleganza completata dalle decorazioni parietali che presentano profili in oro zecchino e motivi floreali unitamente a motivi artificiali.
Il pittore Elia Intergugliemi decorò le stanze del pianterreno, mentre il Luzzardi le stanze del piano soprastante con scene mitologiche e paesaggi. Qui si possono ammirare pure due artistici pastelli realizzati da Paolo Vasta.
La Villa sorge alle falde della Montagnola, un'alta collinetta da dove si ammira l'incantevole panorama dei golfi di Palermo e di Termini Imerese, del colle soluntino e del Monte Catafano.
Man mano che si sale sulla Montagnola l'occhio si perde fra i due promontori nella vista del mare turchino nelle lontananze cerulee di luce, per valloncelli e falde costiere - continua Dacia Maraini nel romanzo Bagheria - e, nel salire, un amorino sorride lievemente, una Diana ti invita alla caccia, una baccante danza e un Polifemo fistoleggia (suona la fistola, strumento musicale fatto di cannucce, usato dai pastori) quasi per farci cantare l'arietta del Metastasio scolpita ai suoi piedi.
Nel vasto parco che originariamente circondava la villa, trovavano posto alcuni padiglioni come due coffee-house decorati da affreschi e coperti da erbe rampicanti, una fontana con un imponente Nettuno e alcune statue delle principali divinità campestri Cerere, Bacco, Pan e Flora che oggi versano in cattivo stato di conservazione: La statua della dea Cerere col corno ripieno di frutti, giace a terra, decapitata - riferisce la Maraini -. La Coffee House di ferro smaltato pende da una parte, con le griglie di ferro arrugginite su cui corrono le formiche indaffarate; il pavimento è stato spaccato e divelto dalle radici impetuose di una robinia che infesta il giardino con i suoi polloni venuti su spontaneamente nella incuria generale. (...) Il parapetto di tufo che chiudeva il giardino è smozzicato, in parte crollato. Pezzi di balaustra sono caduti a valle. Di fianco, dove si vedeva il dorso di una morbida collina dalla grana tutta grigia e rugosa come pelle d'elefante ora c'è una ferita nella pietra, e in mezzo alla ferita, si erge un orribile palazzetto nuovo, color rosa confetto. La collina è stata sventrata, la montagna decapitata, sconciata, gli alberi divelti, distrutti. Il paesaggio inutilmente rovinato. Girando lo sguardo verso il mare, noto con sollievo che gli ulivi sono ancora li, in massa e hanno sempre lo stesso colore cereo, argentato. Fra gli ulivi, in basso a destra, la villa Spedalotto....Si racconta che Maria Carolina d'Austria, regina di Napoli e di Sicilia, consorte di Ferdinando III di Borbone, nel 1799 sia stata ospitata per qualche tempo nell'appartamento nord di Villa Valguarnera.
Lo scrittore Catanese Vito Amico, priore di ben 25 monasteri ed uomo di grande cultura, agli inizi del '700, così si espresse riguardo la Villa: Sovrasta ad un altura, a mezzogiorno di quella terra, la Villa Valguarnera dove nulla desideri che tenda alle delizie dell'animo....
Lo scrittore francese Stendhal, agli inizi dell'800, riferendosi al panorama che si ammira dalla terrazza aggiunse: trae suoni dell'anima, come arco da un violino....
A Villa Valguarnera trascorse la sua adolescenza la scrittrice Dacia Maraini. La madre di Dacia, la pittrice Topazia, apparteneva infatti, alla antica e nobile famiglia degli Alliata di Salaparuta, proprietari della villa. Il padre, Fosco Maraini invece, era un etnologo.
La famiglia Maraini si trasferì in Giappone nel 1938 poiché il padre portava avanti uno studio sugli Hainu, una popolazione in via di estinzione che viveva nell'Hokkaido. Nel 1943 il governo giapponese che aveva fatto un patto di alleanza con l'Italia e la Germania, chiese ai coniugi Maraini di firmare l'adesione alla Repubblica di Salò. Sia Topazia che Fosco rifiutarono quindi furono portati insieme alle tre figlie in un campo di concentramento a Tokio dove passarono due anni di fame e furono liberati, solo a guerra finita, dagli americani. Rientrati in Italia andarono ad abitare in Sicilia, presso i nonni, nella villa Valguarnera di Bagheria. Il ricordo della Villa rimase così impresso nella memoria della scrittrice tanto da divenire il luogo nel quale furono ambientati due suoi romanzi diventati best seller: La lunga vita di Marianna Ucria e Bagheria.
Il primo riconduce il lettore nel clima oscuro e pieno di contraddizioni della Sicilia del '700. Mentre in Europa fioriva il secolo dei "Lumi", a Palermo, in un tempo scandito da impiccagioni, matrimoni di interesse, monacazioni, si consumava la vicenda di Marianna (antenata della Maraini e fondatrice di Villa Valguarnera), povera muta appartenente alla nobile e potente famiglia degli Ucria. Il secondo è un lungo racconto autobiografico che ritrae, con affetto e partecipazione, la Sicilia e la cittadina di Bagheria. Dai ricordi, dai sapori, dagli odori, emerge tutto un mondo fatto di affetti profondi, di mafia, di scempio edilizio, e dell'arroganza di una società che sconvolge tutto.
 
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