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  Valledolmo
 
Valledolmo

Valledolmo dista 88 Km. da Agrigento, 83 Km. da Caltanissetta, 175 Km. da Catania, 78 Km. da Enna, 227 Km. da Messina, 127 Km. da Palermo, alla cui provincia appartiene, 91 Km. da Ragusa, 203 Km. da Siracusa, 190 Km. da Trapani.

Sorge in una zona montuosa, posta a 760 metri sopra il livello del mare.

La cittadina fu fondata nel XVII secolo con il nome di Castelnormanno. Nel 1650 circa acquisì il nome di Valledolmo per la presenza di un grosso albero di Olmo vicino alla Chiesa delle Anime Sante. Il piccolo borgo fu possesso del barone Antonio Cicala sino all'abolizione dei diritti feudali.

Oltre alla Chiesa delle Anime Sante, recentemente restaurata, si possono visitare la neo-gotica Chiesa della Purità edificata tra il 1844 ed il 1881 e la Chiesa Madre del XVII secolo dedicata a Maria SS. Immacolata.

La storia ci ricorda la corraggiosa protesta dei contadini di Valledolmo che nel 1785, dal 28 ottobre all'11 novembre, si ribellarono ai gravosi patti agrari loro imposti dai feudatari.

La produzione agricola del paese è basata sulla coltivazione di grano, pomodoro ed uva. Rilevante è il settore dell'allevamento di bovini cui risulta associata l'annuale Fiera del Bestiame che si tiene nei mesi di agosto e di ottobre.

Storia


La storia del comune di Valledomo inizia nel 1650 con la licentia populandi, firmata da Don Melchiorre Centelles de Borgia, in nome del Viceré spagnolo, intestata al Conte Giuseppe Mario Cutelli. Allora prese il nome di Castel Normanno, ma solo negli atti ufficiali, nel volgare parlato dai contadini restava sempre Valledolmo, anzi precisamente "Vallis Ulmi". Il nome deriva dalla baronia che a sua volta lo prese dalla presenza di un enorme olmo cresciuto al centro della vallata in cui sorge l'attuale cittadina.

Il paese si sviluppa attorno ad un grosso caseggiato sede della baronia che ne fu proprietaria, presente ancora adesso, attorno ad un cortile conosciuto come "Baglio Castellana", edificato per costruzioni successive fin dalla fine del '600 dal genovese Don Antonio Cicala il quale non poté non erigere una chiesa degna della sempre crescente popolazione dedicata alla Madonna del buon Pensiero, in quanto la piccola cappella ricavata da fienile non riusciva a contenere più i numerosi fedeli.

L'evoluzione di Valledolmo, viene sagacemente gestita dalla famiglia Cutelli, in particolare donna Cristina Cutelli che succedette al fratello Antonio, morto nel 1711 per mano di un campiere detto il Corvo, nel tentativo di avvalersi del cosiddetto Ius primae noctis. Cristina investi parecchie energie e denari nella costruzione della chiesa madre, e in quella di una grande cisterna nel quartiere che prenderà il nome di stagnone. La necessità del tempo di addentrarsi in zone fertili e pascoli fecondi convinse molte famiglie di contadini, malversati in altri paesi, a trasferirsi nella costruenda cittadina.

L'operosità dei valledolmesi e la fecondità della terra circostante fece crescere velocemente il numero degli abitanti e reddito pro-capite. Purtroppo nella metà del '700 venne al pettine il nodo della enorme sproporzione tra l'estensione delle terre valledolmesi, e il numero degli abitanti, il paese più popoloso, e probabilmente più operoso della zona risultava il meno esteso.

Nel periodo del ventennio fascista Valledolmo ricevette una conduttura idrica che soddisfò i bisogni degli abitanti. Nel 1927 si ricorda la visita dell'allora prefetto Mori, detto "prefetto di ferro" che venne ad inaugurare la nuova rete idrica e il nuovo monumento ai caduti, famoso per lo scandalo che la sua nudità diede agli occhi delle morigerate signorine del paese, tanto da essere immediatamente coperto con dei veli che ne celassero le parti impudiche.
 
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