È un centro agricolo della regione collinare tra i fiumi Platani Salso alla sinistra del torrente Belice affluente del Platani. Il primo documento in cui è citata Vallelunga risale al tempo di Federico lI d’Aragona quando era possedimento di Giovanni Caltagirone. Al toponimo Vallelunga fu affiancato l’appellativo di Pratameno per la presenza di un amenissimo giardino in contrada Magasenaccio. In seguito passò al figlio Nicolò, ma, essendo il feudo gravato da ipoteca, per i debiti contratti dal barone Giovanni, sei parti del feudo furono assegnati dalla Regia Curia a Luca Giacomo, che era il creditore, lasciando a Nicolò Caltagirone il diritto di riscattare le terre pagando il debito entro quattro mesi. Luca Giacomo lasciò il feudo alla moglie Desiata che, a sua volta, lo cedette a Perruccio (o Puccio) degli Omodei figlio della sorella. Nel 1406 Perruccio compra la restante parte del feudo. Nel 1461 il possesso del feudo fu confermato da re Giovanni ad Aloisio degli Omodei figlio di Perruccio. La famiglia degli Omodei tenne il feudo di Vallelunga sino al 1568. Il 4 novembre 1568 con lettera del vicerè Ferdinando Moncada, tutore di Ettore Omodei, fu autorizzato a vendere il feudo gravato dai molti debiti accumulati durante il possesso degli Omodei. Il feudo con tutte le sue pertinenze fu acquistato da Vincenzo Notarbartolo signore di Polizzi, con atto stipulato presso il notaio Francesco Palmeri. Durante la signoria dei Notarbatolo, sul finire del secolo XVI, nel feudo cominciarono a sorgere le prime case dei coloni richiamati dai paesi vicini. Nel 1621 il feudo di Vallelunga fu acquistato da Pietro Marino, nobile di Termini Imerese. Attirato dalla tranquillità del luogo e dalla feracità della terra, il Marino iniziò la costruzione della sua casa e nel 1633 chiese ed ottenne dal vicerè duca di Ayala la "licentia populandi". Per popolare il nuovo paese il barone emise dei bandi che vennero pubblicati nei paesi vicini promettendo lievi censi sulle terre concesse in enfiteusi. I nuovi coloni arrivarono dai paesi della provincia di Palermo, principalmente da Caltavuturo, Sclafani, Polizzi e Petralia Sottana. Il feudo, così popolato, fu chiamato "Terra Marini". Il barone, con la "licentia populandi", ottenne anche la facoltà di nominare il governatore, il capitano di giustizia e i giurati. Nel 1634, dopo averne fatta richiesta al vescovo di Cefalù, fece costruire la chiesa parrocchiale che volle consacrare a Maria SS. Di Loreto. A Pietro Marini nel 1643 succedette il figlio Loreto che il 18 maggio 1652 vendette due terzi del feudo a Cristoforo Papè e Riva, cavaliere dell’ordine di San Gennaro e protonotaro del regno. Nel 1677 Pietro Francesco Maria Marino ereditò il rimanente terzo. Cristoforo Papè e Riva lasciò erede il fratello Luigi al quale succedette il figlio Giacinto che nel 1671 ottenne il titolo di duca di Pratameno. Nel 1688 Cristoforo Papè e La Farina, succeduto al padre, acquistò la quota del feudo appartenente a Francesco Maria Marino. Così ricomposto il feudo appartenne alla famiglia Papè fino al 1812 quando, con la nuova costituzione, fu abolita la feudalità in Sicilia. Nel 1819 il paese fu assegnato alla provincia di Caltanissetta e nel 1844 fu aggregato alla nuova diocesi istituita a Caltanissetta.