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  Palazzolo Acreide - Teatro Greco
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Palazzolo Acreide - Teatro Greco
Palazzolo Acreide - Palazzo Iudica
 
Palazzolo Acreide - Teatro Greco

Varcando la piccola porta d’accesso alla zona archeologica si è subito all’interno dell’antica Akrai. Si percorrono pochi metri e si entra immediatamente nel teatro greco, sicuramente il più prestigioso monumento acrense. Fu individuato e portato alla luce da Gabriele Iudica nella fortunata campagna di scavi del 1824. Sembra sia stato edificato, assieme all’attiguo Bouleuterion, negli anni della monarchia di Gerone II, a metà del II sec. a.C. Ma diversi archeologi attribuiscono la costruzione al periodo tardo-ellenistico, intorno alla metà del II sec. a.C. Il teatro non è scavato nella roccia, come quello siracusano, ma è adagiato su un pendio naturale opportunamente preparato con pietrame a secco su cui poggiano, sovrapponendosi, i blocchi delle gradinate. Queste, secondo i canoni dell’antichità classica, guardano a settentrione.

Nel nostro caso la vista si perde, al di là della scena, sull’eccezionale paesaggio naturale dei contrafforti iblei e, all’orizzonte, sull’Etna.
Il terremoto del 1693 distrusse totalmente sia la chiesa che il convento. Sia l’una che l’altro furono riedificati nella circostante zona inferiore più vicina al paese. In questa chiesa, tuttora dedicata all’Immacolata, si conserva, ancora, la statua della “Madonna col Bambino” del Laurana.
Il “koilon” (cavea) è composto da nove cunei, di diverse dimensioni, separati da otto scalette. Lo Iudica ricostruì dodici fila di sedili, ma è probabile che nella parte centrale i gradini potessero essere molto più numerosi. Nei cunei laterali, invece, lo sviluppo dei gradini era limitato dai rispettivi muri di sostegno.
Ogni gradino è normalmente alto 27 cm e largo 74 cm di cui 34 cm destinati a sedile e 40 cm a pedana. Nella parte alta del settimo cuneo si apre una stretta galleria che conduce al bouleuterion. Non si sa quando né perché fu scavata; forse per unire rapidamente e “privatamente” il teatro, assise popolare, con il luogo in cui si riuniva la “boulé”, il senato, oppure per accedere direttamente dall’ “agorà”, che si apriva davanti al bouleuterion, al teatro.

L’orchestra, spazio in cui durante le rappresentazioni teatrali si muoveva il coro, è di forma semi-circolare. E’ questo un fatto singolare dal momento che tutti gli altri teatri greci hanno l’orchestra di forma circolare. Così la scena anziché sorgere al limite dell’area circolare è molto più avanzata, con la fronte proprio sul diametro dell’orchestra. Il basamento del proscenio, oggi visibile, è costituito da un filare di grossi blocchi di pietra su cui si notano gli incavi per grappe, a forma di L, destinati a fissare gli elementi superiori del loggiato consistente, probabilmente, in otto colonne o otto pilastri. La scena, con pavimento ligneo, aveva una profondità di circa 3 m ed era chiuso da un muro.
Le ridotte dimensioni del teatro, la gradinata asimmetrica, la compressione della scena, si possono spiegare solo col fatto che probabilmente il complesso teatro-bouleuterion venne costruito in un’area urbana centrale, già edificata ed angusta e già delimitata dall’ “agorà”, dal decumano, dalla porta monumentale d’accesso alle latomie.
Il teatro, in età romano-imperiale, subì delle modifiche; venne costruita una nuova scena più avanzata di m 2.20 che ridusse vieppiù lo spazio dell’orchestra. Il “pulpitum” è tuttora visibile e si individua in un filare di blocchi che presenta, in simmetria, due nicchie incavate. Un altro filare si sovrappone a questo sicché la scena si elevava a circa m 1.20 e si estendeva fino al muro di fondo dalla scena greca. In quello stesso periodo si pavimentò l’area dell’orchestra con lastre levigate in pietra, ancora in situ, e si edificò il chioschetto con l’elevato in legname di cui rimane il basamento in pietra.
In epoca bizantina, a testimonianza anche di una grave decadenza della cittadina, sull’area di parte della scena venne impiantato un edificio per la lavorazione del grano. Il ritrovamento di grosse macine e la presenza di una gran quantità di silos testimoniano tale trasformazione.
 
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