Si trova lungo Via Marchesa Tedeschi, una delle due arterie in cui si biforca Corso Umberto a partire da Piazza del Municipio.
L’impianto monumentale e a tre navate è il terzo per importanza in città dopo quelli delle
chiese di San Giorgio e
San Pietro.
La chiesa fu costruita al posto o per l’integrazione di quattro piccole chiese (San Bartolomeo, Sant’Antonio, Santa Maria di Berlon, San Mauro), e l’aspetto attuale si presenta come il risultato di interventi che vanno dal Cinquecento all’Ottocento. La facciata, a due ordini, scanditi da una cornice marcapiano. è il risultato di due fasi costruttive, il primo ordine è da collocare tra il secondo Cinquecento e il primo Seicento, mentre il secondo ordine fu realizzato nell’Ottocento.
Tra le testimonianze superstiti di una delle architetture preesistenti, lungo il prospetto laterale sinistro, si trova una lunetta in calcare, la Lunetta del Berlon (sec. XV-XVI), pregevole bassorilievo di ignoti artisti locali raffigurante una Adorazione dei Pastori, probabile arcosolio del portale della Chiesa di S. Maria di Berlon.
Sono visibile tracce dei colori con i quali, originariamente, doveva essere dipinto il bassorilievo. Nella parte sottostante è presente una scritta in vernacolare in caratteri gotici che fa riferimento a una chiesa di Berlon. Forse storpiatura di Betlem. La lunetta è testimonianza di una produzione locale con caratteri popolareggianti di estrema semplicità.
All’interno una delle testimonianza artistiche tra tardogotico e Rinascimento più significative dell’intero territorio è la Cappella Cabrera che si trova in fondo alla navata di destra. L’ambiente è di forma quadrata, il basamento della cupola è di forma ottagonale definito da pennacchi ai quattro angoli, la cupola termina con un lucernario. L’ampio e alto portale che occupa tutta la parete d’ingresso alla cappella è a sesto acuto ma, sia il portale che l’intera cappella non possono essere riferiti alla cultura tardogotica tout-court. La cappella che, in passato, veniva definita arabo-normanna deve, alla luce dei più recenti studi, essere annoverata tra le testimonianze artistiche del primo Cinquecento con integrazioni e interazione di elementi classici, manieristici e gotici. Non dobbiamo infatti pensare che il tardogotico e il classicismo erano necessariamente percepiti come mondi distanti o nell’ottica di due stili differenti, uno antico l’altro moderno. La contraddizione che si avverte tra tardogotico e classicismo appartiene a una visione mitizzata del Rinascimento. Bisogna piuttosto parlare, per la Contea di
Modica, di una civiltà architettonica ibrida che segue la strada di uno scambio interculturale stretto (un Rinascimento atipico che affonda le radici in tecniche costruttive locali e nella persistenza di tipologie e linguaggi del levante iberico), una civiltà architettonica che è sempre più difficile leggere in maniera monotematica e unidirezionale.
Nel ricco portale si sviluppano cinque tra semicolonne e pilastrini ed eleganti snelle colonne con motivi a zig-zag e floreali. I capitelli sono decorati con maschere e con motivi a grottesche cinquecentesche. Scudi e simboli sacri sono scolpiti nelle chiavi d’arco: partendo dal basso si trovano una testa di leone, una lira, un trofeo d’armi, uno scudo con una stella a sette punte, un putto alato, un agnello dentro una conchiglia sormontato da una corona.
All’interno, in alto, quatto grandi pennacchi angolari con cornici degradanti, motivi a conchiglia e nicchie, nonché maschere di carattere manieristico. Il richiamo è alla Cappella di Sant’Antonino di Scicli e alla Cappella Naselli di San Francesco all’Immacolata di Comiso. La calotta in Santa Maria di Betlem è liscia, senza costoloni, con alcuni medaglioni, citazione dotta cara alla cultura rinascimentale che fa riferimento alla tradizione archeologica romana.
La Cappella è intitolata ai Cabrera più per tradizione che per una reale committenza della famiglia, anche se, in realtà, si può affermare che la breve presenza siciliana di Federico Henriquez e Anna Cabrera coincide con la prima ondata di classicismo rinascimentale che aveva investito l’isola.
La Chiesa di santa Maria di Betlem possiede uno dei più bei presepi dell’intera provicia di
Ragusa. Si tratta di un presepe monumentale, con statue in terracotta a grandezza naturale, realizzato nel 1882 da Bongiovanni Vaccaro, un maestro di Caltagirone. L’ambientazione del presepe riprende l’ambiente naturale della Cava dove è posta la Chiesa di Santa Maria di Betlem e i personaggi sono abbigliati secondo la moda di fine Ottocento. Il presepe può essere considerato un esempio di “verismo”, tenendo conto del fatto che l’anno di realizzazione coincide con la data di pubblicazione dei Malavoglia da parte di Giovanni Verga.