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  Mineo
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Grammichele - Castello di Occhio
Mineo - Castello Ducezio
 
Mineo

Si identifica con l'antica Menai, patria del caposiculo Ducezio che la fortificò intorno al V secolo a. C.. Mineo fu una delle antiche Mene, possedeva un sua zecca e coniava monete proprie. Durante il periodo greco fu costruito un tempio dedicato al Dio Sole, sul cui luogo, tutto fa supporre, che sia stata edificata la chiesa di S. Maria Maggiore. Nel periodo romano, Mineo fu un centro produttore di grano. Nel 261 d. C., il 17 maggio, vennero portate da Roma le spoglie della vergine e martire S. Agrippina, patrona della città. Nell'828, conquistata dagli arabi, cambiò il suo nome da Menae in Qualat Minam. Gli arabi introdussero a Mineo la coltura degli "agrumi" e arricchirono la zona collinare che circonda il paese con vigne, ulivi e peri, introducendo la "zenia", recipiente naturale di raccolta d'acqua, ancora esistente come riserva per gli agrumeti. Durante il priodo normanno fu ricostruito il castello (castello Ducezio) che, secondo gli storici, era formato da dodici torri merlate disposte intorno a un triplice atrio, con la torre maestra al centro. Con Fedrico II di Svevia, che lo fece restaurare e abbellire da architetti francesi, il castello divenne uno dei più belli dell'isola. Sotto la dominazione Angioina, la città di Mineo patì ingiustizie e mal governo, ai quali si ribellò partecipando alla rivolta dei Vespri Siciliani del 1282. Animatore di queste rivolte fu Adinolfo, coraggioso personaggio a cui il paese ha voluto dedicare la porta omonima (Porta Adinolfo). Nei secoli XVI e XVII Mineo vide fiorire arte e cultura, divenendo centro di studi al quale diedero valido contributo le comunità religiose (14 monasteri e conventi e 48 chiese). Mineo è celebre per il culto dei Palici, divinità sotterranee preelleniche.
 
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