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    Nel corso del ‘500 e del ‘600 nel Val di Noto, dopo il grande fiorire degli insediamenti rupestri in epoche passate, si assiste a una continuazione o a una ripresa del culto praticato all’interno delle grotte. Il fenomeno va spiegato con due cause fondamentali. Una è connessa alla condizioni geofisiche del territorio: ne è testimonianza il fatto che l’architettura ottenuta per via di levare ha una lunga tradizione che affonda le radici nella preistoria e si è manifestata vitale fino a non molti decenni fa.
    La seconda motivazione è connessa allo spirito controriformista e cioè al quadro del grande fervore della edilizia sacra dei secoli XVI e XVII, nonostante molto spesso si tratti di espressioni di devozione popolare.

    A Modica rientra nel primo caso la Chiesa di San Nicolò Inferiore la testimonianza più importante dell’architettura rupestre modicana. La Chiesa, scoperta da Duccio Belgiorno nel 1997 si trova in Via Grimaldi al n° 89. Nel corso dell’Ottocento la chiesa venne obliterata a seguito di sovrapposizioni edilizie e ristrutturazioni interne. Tuttavia, nonostante le modifiche interne, la chiesa rispetta una perfetta stereometria e risponde a un piano architettonico ben definito. L’asse longitudinale della chiesa è disposto secondo l’orientamento canonico delle architetture ecclesiastiche NE-SO, consta di un’aula rettangolare destinata ai fedeli e del presbiterio per i ministri del culto. L’abside a calotta emisferica è un semicerchio perfetto e lungo le pareti era ricavato un subsellium, con cattedra centrale per il ministro del culto. L’altare doveva trovarsi al centro del vano absidale e l’aula e l’abside dovevano essere separati da una iconostasi litica della quale rimangono alcune tracce.
    La chiesa di Modica che richiama esempi noti dell’architettura rupestre siciliana risale all’età altomedievale (XI-XII sec.). Probabilmente si trattava della chiesa parrocchiale del quartiere grecofono altomedievale di Modica.La fase greca della chiesa verosimilmente non ebbe una lunga durata poiché venne ben presto coinvolta nel processo di latinizzazione. Indice del passaggio al rito latino è anche l’adozione di un nuovo ciclo pittorico al quale appartengono le raffigurazioni della curva absidale e dei muri della navata corredate da didascalie redatte in latino. Nel 1577 la chiesa di San Nicolò Inferiore fu aggregata alla parrocchia di San Pietro. Il ciclo pittorico occupa il catino dell’abside, alle spalle dell’altare. La tipologia di questa collocazione lungo l’asse direzionale è tipica delle chiese dell’area siciliana e, più in generale, dell’Italia Meridionale. L’iconografia è quella consueta del Cristo assiso sul trono tra due coppie di angeli, racchiuso in una mandorla, decorata con filetto rosso continuo. Il Cristo presenta un nimbo rosso crucigero, il volto è giovanile, malinconico, smagrito, incorniciato da una lunga chioma, barbato.

    Il Cristo indossa una tunica di colore rosso con maniche strette ai polsi e un mantello riccamente drappeggiato. La mano destra è benedicente, la sinistra, invece, tiene il Vangelo aperto con la scritta “Ego Sum Lux Mundi”. Il soggetto iconografico è abbastanza noto in Sicilia: i particolari del mantello che pendono dalla spalla sinistra e dal braccio sinistro avvicinano questo soggetto al Pantocrator del Duomo di Cefalù, opera dei mosaicisti della corte normanna. San Pietro occupa il primo pannello del catino absidale alla destra del Cristo Pantocratore, è raffigurato con la mano destra benedicente mentre con la sinistra regge le chiavi. Il pannello della Mater Domini è lacunoso solo nella parte inferiore. La Vergine indossa un manto rosso cupo con ricco panneggio, con la mano destra regge il Bambino mentre la sinistra è portata al petto. La rappresentazione della Mater Domini di Modica, la meglio conservata tra tutte quelle note, si colloca nell’ambito delle manifestazioni pittoriche tardo-normanne e sveve. Questa rappresentazione dimostra, inoltre, la persistenza iconografica del tipo di tradizione bizantina fino al ‘400 e oltre.
     
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